Il sogno delle ossa Aforismi ispirati dalle immagini di Benedetta Bonichi
Tiziano Scarpa
Dunque moriremo, per quanto possa sembrare impossibile, detto così, mentre pensavamo ad altro. E invece ecco che il pensiero viene strattonato da una frase mortale e trascinato a pensare alla propria morte, come una testa presa per i capelli e ficcata dentro la tazza del water, costretta a specchiarsi in una fogna.
Dunque moriremo. L’assillo di sottofondo, il basso continuo del pensiero. La struttura del pensiero. Lo scheletro del pensiero che scopa con la propria morte, che abbraccia spigolosamente la nuda consapevolezza di dover morire.
Non avremo organi per godere della nostra morte. Non avremo muscoli né tendini né terminazioni nervose né pelle né ghiandole.
Ciò che hai appena scritto è ingiusto. Non essere ingeneroso verso gli scheletri: essi sono vivi, uno di loro è dentro di te, sei tu. Le ossa ti consentono di fare di te stesso un’architettura, di costruire ponti, arcate, torri con il tuo corpo e quello della tua amante.
Immaginare corpi umani disossati, vivi, amalgamati in amplessi, accoppiamenti, abbracci, annodature molli di gambe esauste e colli senza nerbo. Flosci molluschi che si abbattono viscosamente uno addosso all’altro, senza poter fare leva su nulla. Slanci accasciati, languori sfatti dove solo le palpebre e la lingua riescono a palpitare.
Lo scheletro è asessuato. È la dimostrazione che i nostri organi sessuali sono una costruzione precaria, avventizia, onirica. Il sesso è un sogno del corpo.
L’osso del sesso, l’osso del pene, ossessione viriloide, utopia machista. Ma è proprio la mancanza di osso a fondare il pene, organo ambivalente, indeciso, pendolare fra abbattimento e lievitazione, fra morbidezza e calcificazione.
Fai l’amore, ti puntelli sulle tue ossa, senza rendertene conto. Il tuo scheletro non ha terminazioni nervose, non ha parti senzienti, è escluso dal pandemonio di sensazioni dell’accoppiamento.
La medicina antica credeva che lo sperma provenisse dal midollo spinale. Per i maschi l’orgasmo era uno svuotamento della parte più intima, l’amore era una termite che scavava nella trave portante della casa. Le donne prosciugavano il midollo dei maschi, rendevano cava la colonna che li sorregge.
In un racconto di Rubem Fonseca, un uomo è affascinato dalle ossa della sua amante. Ama intensamente le sue clavicole, le sue rotule, i gomiti, i malleoli, tutti quei punti dove le ossa affiorano sotto la pelle, appena foderate da una pellicola dermica. Ha per loro un’attrazione per nulla morbosa: semplicemente, gli piace saggiarle con i denti, stringendole delicatamente fra mandibola e mascella.
Consideriamo questo bacio: denti che mordono dolcemente un osso, una faccenda che riguarda esclusivamente le parti più dure di due corpi. Saggiare la consistenza fondamentale dell’umano, assaporarne l’essenza sassosa.
“Non si potrà più udire nel vostro sepolcro di marmo il mio canto; allora solo i vermi tenteranno quella verginità che a lungo avete preservata, e il vostro strano Onore sarà mutato in polvere, tutta la mia lussuria trasformata in cenere. Certo la tomba è un luogo intimo e bello, ma dubito che alcuno vi voglia fare all’amore. Dunque… finché possiamo godiamoci il piacere.” Andrew Marvell, Alla sua amante ritrosa.
Per potenziare la vita è necessario sbandierare la morte. Mortificarsi, per vivificare? Immaginarsi morti, per riuscire ad essere vivi. È la strategia del seduttore per convincere la sua bella indecisa. Agitare il banale spauracchio della morte, per aizzare a un’esistenza più piena. E se invece avesse ragione lo spauracchio, e la vera pienezza fosse lì? Se fossero solo i morti a godere a pieno della vita, proprio perché non la posseggono più?
Le immagini sono morte. Mi capita di eccitarmi per delle immagini morte. La pornografia è un’immagine morta che fa l’amore attraverso la mia contemplazione.
Un impresario di nome Pierre Woodman ha girato il mondo convincendo decine di ragazze a diventare attrici porno. Ha filmato i primi incontri, tutti uguali. Intervista, proposta esplicita, denudamento, rapporto sessuale con lui. Ora sono disponibili in Rete. Il contatore di ciascun video arriva a cifre vertiginose: sono state viste e riviste milioni di volte. L’immagine morta di Pierre Woodman continua incessantemente a scopare negli occhi di chi la guarda.
Lo scheletro è sacro. Costringerlo ad assumere pose oscene è una profanazione. Ma lo scheletro è anonimo. Dunque la vera profanazione riguarda la parte di noi che non ha a che fare con la nostra l’identità.
Che cosa succederebbe se qualcuno fotografasse volti di morti, immagini rubate dalle lapidi di un cimitero, per poi utilizzarle in sostituzione delle facce di attori e attrici porno impegnati in atti sessuali? Probabile rivolta dei parenti dei defunti, azioni legali. Ma gli stessi parenti non riconoscerebbero gli scheletri dei propri cari utilizzati per un’orgia postuma. E forse, anche se lo sapessero, potrebbero considerarlo uno strano atto di pietà verso i loro morti.
I loro scheletri crollarono durante l’amplesso. A terra si ammonticchiò una catasta d’ossa che non per questo smise di accoppiarsi. A differenza degli umani di carne che cercavano la fusione orgasmica, i due amanti ossuti raggiunsero tutt’altro tipo di indistinzione. Il loro piacere culminò in una scarica di lucidità, che redistribuì combinatoriamente le loro ossa: una tibia di lui si saldò a una costola di lei, un’ulna cadde dentro un’orbita, mazzetti di falangi si infilarono negli anelli delle vertebre, le quattro scapole si disposero di taglio, come pinne, fino ad assemblare una specie di animale preistorico, o un batiscafo, forse, un’astronave.
Come impersonare il proprio amore? Senza giunture, privi di colle sinoviali e attaccature cartilaginose che permettessero loro di snodarsi, gli scheletri erano costretti a restare immobili, bloccati in posizioni statuarie. Erano amanti con una sola possibilità, un’unica postura. Quale atteggiamento scegliere, avendone a disposizione soltanto uno? In piedi, fianco a fianco, tenendosi per mano, con i teschi ruotati di lato per guardare la loro assenza d’occhi, orbite nelle orbite?
Gli amanti scheletrici volevano mostrare per sempre al mondo il proprio amore in una forma che non potesse essere confusa con una tenerezza qualsiasi, o con del semplice affetto. Dopo lunghi tentennamenti avevano deciso di assumere pose inequivocabili, le posizioni dell’amore sessuato. E tuttavia, ora che si trovavano paralizzati in un kamasutra definitivo, soffrivano la mancanza di qualche cosa che desse testimonianza anche dei loro sentimenti. In quell’istante l’amore disperò di loro ed essi crollarono in un mucchietto d’ossa.
Lasciare scritta nel testamento la volontà che il proprio scheletro venga esposto in pose oscene. Possibilmente trovando qualche complice. Un’amante sufficientemente illusa da pensare che la sua passione sia così speciale da meritare di essere perpetuata anche dopo la morte. O un buontempone sconosciuto, con cui organizzare un’orgia di ossa. Magari anche qualche amico, con il quale da vivi si sarebbe provato imbarazzo anche solo a entrare insieme in un cesso pubblico per fare pipì. Diventare ardimentosi dopo il decesso, trovare il coraggio di realizzare da morti ciò che non si è osato nemmeno immaginare quando si era vivi.
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